Se conoscessimo il segreto di quel rosso


Bologna non ha bisogno di presentazioni, e nonostante la sua bellezza sia nota in tutto il mondo, non smette di stupire, mantenendo immutato nel tempo il suo fascino enigmatico.

Recentemente la città petroniana ha ottenuto l’ennesimo riconoscimento: dal 27 luglio 2021 anche i portici di Bologna sono stati riconosciuti bene culturale patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Quegli stessi portici che attrassero Stendhal e di cui scrisse in Voyages en Italie, «sovente, alle due di notte, rientrando nel mio alloggio, a Bologna, attraverso questi lunghi portici, l’anima esaltata da quei begli occhi che avevo appena visto, passando davanti a quei palazzi di cui, con le sue grandi ombre, la luna disegnava le masse, mi succedeva di fermarmi, oppresso dalla felicità, per dirmi: Com’é bello! Trasalivo, e le lacrime mi venivano agli occhi», e da cui passò buona parte della formazione umana e artistica di Pier Paolo Pasolini, studente al liceo Galvani prima e alla Facoltà di Lettere dell’Università poi, portici bologna«li ho comprati, i Casi clinici, al “Portico della Morte”, dove da ragazzo adoravo le edizioni Salani, coi poeti più indecifrabili, e Novalis, Coleridge, Ramuz […], e poi Dostoevskij. Sono ripassato domenica, c’era il solito gelo, l’ombra del bel giorno d’autunno (la morte). I reparti, gli stessi di quando io facevo il ginnasio, carichi di libri gialli, oggi – o di divulgazione scientifica – o di attualità – o di successo: scomparsi tutti i miei poeti indecifrabili, le edizioni Salani […]. E, cosa orrenda, dagli anni Trenta a questo ‘63 brutto e sacrilego, occhieggiavano fra gli altri, fatti oggetti, impoveriti strumenti allineati tra mille affini, il volume di Accattone, e di Ragazzi di vita: e così è finita. Mai, per il Portico della Morte, il toponimo suonò più reale. Fu per questo dolore, certamente, per questo rovesciamento di situazione – in una situazione, in realtà, immutata – che mi venne voglia di comprare il libro di Freud da leggere in treno al ritorno», come confessato il 6 novembre 1963 nelle pagine de Il Giorno, in un articolo dal titolo Freud conosce le astuzie del grande narratore.

almost blue - lucarelliE in fondo non sarebbe così inopportuno considerare Bologna un caso clinico a sé stante, almeno nella misura in cui lascia intuire un lato oscuro, «ci sono strade, nel centro di Bologna, che hanno un’anima nascosta e puoi vederla solo se qualcuno te la mostra», scrive Carlo Lucarelli in Almost Blue, e ancora «questa città non è quello che sembra», […] questa città ha sempre una metà segreta». Tutt’altro che dissimile il parere di Guido Piovene in Viaggio in Italia, «per dirla nel gergo di Freud, andare a Bologna è un po’ come rientrare nel caldo del grembo materno».

Lo scrittore nato a Vicenza sembra essere consapevole che a infittire il mistero di Bologna c’è anche quel colore, con tutte le sfumature del suo spettro, che più la caratterizza, «il rosso o il rossastro, il più fisico, quello che richiama più al corpo e al sangue umani», così Piovene, ancora nel Viaggio. E sulla stessa falsariga Giuseppe Raimondi in Giuseppe in Italia, «l’estrema luce del giorno aumenta il cupo e carnale rosso delle case, delle torri, delle infinite tegole di Bologna. Le mura e il cotto, immersi in un’aria tiepida, respirano una specie di sensuale inquietudine. Questa monodia di rossi ci segue e ci turba, fino alla porta di casa». E se da una parte John Berger ne La tenda rossa di Bologna quasi pone una domanda, «è rossa, non ho mai visto un rosso come quello di Bologna. Ah se conoscessimo il segreto di quel rosso…», dall’altra pare rispondergli Roberto Roversi ne Il libro Paradiso, «La creta, la selenite e l’arenaria. / Di qui nasce il colore di Bologna. / Nei tramonti brucia torri e aria».la tenda rossa di bologna - john berger

Sia come sia, l’aura di Bologna, l’intensità della sua atmosfera, viene preannunciata dal paesaggio limitrofo alla stessa città felsinea, «abbiamo lasciato Firenze la sera del primo giugno, abbiamo viaggiato con la diligenza, tutta la notte e fino alle 11 del giorno dopo per arrivare a Bologna. Mi sarebbe piaciuto fare il viaggio attraverso gli Appennini alla luce del giorno, anche se in tal caso avrei perso alcuni effetti dell’alba che ho notato negli occasionali momenti di veglia. Ho visto meravigliosi picchi e avvallamenti su ciascun lato nella dissolvenza della luce della sera. Poi in piena notte, con la luce lampeggiante e il cielo pesante di minacciose nubi di tempesta, mi sono svegliata per trovare i sei cavalli che si rifiutavano risolutamente, o non erano in grado, di muovere la diligenza, finché due miti buoi non furono legati all’asse, e la loro potenza ci portò in cima alla collina. Ma uno degli effetti più strani che ho visto poco prima dell’alba, quando sembrava fossimo in vetta a poderose montagne, che cadevano a precipizio, è l’orizzonte terribilmente pallido, in lontananza», nelle parole di George Eliot, riportate in Italy in Mind: An Anthology, di Alice Leccese Powers, anche se il quadro che ne tratteggia, in lontananza, Dino Campana offre una prospettiva altra, che trasfigura la visione d’insieme, «tutto attorno la città mostrava le sue travature colossali nei palchi aperti dei suoi torrioni, umida ancora della pioggia recente che aveva imbrunito il suo mattone: dava l’immagine di un grande porto, deserto e velato, aperto nei suoi granai dopo la partenza avventurosa nel mattino: mentre che nello Scirocco sembravano ancora giungere in soffi caldi e lontani di laggiù i riflessi d’oro delle bandiere e delle navi che varcavano la curva dell’orizzonte», si legge nei Canti orfici.

The Cities of Romagna and the Marches - edward huttonIn ogni caso, una volta varcate le sue mura, quella che un tempo fu la principale città etrusca dell’Etruria padana, non delude, anzi: «Bologna diventa deliziosa non appena ci si disabitua ai criteri artistici adottati per Firenze. Non conosco un’altra grande città con un carattere così spiccato (un po’ come Berna). Ciò che trovo soprattutto gradevole è che anche le strade e i palazzi più moderni siano dotati di portici. C’è poi una quantità di pittoresche case patrizie, che spesso hanno bei cortili e piccoli giardini. Anche la mia locanda è un vecchio edificio con un bizzarro cortile e incredibili scale che vanno su e giù; piacevolmente fuori moda. Le strade hanno una vita abbastanza da grande città con sfilate di negozi ecc. L’antica Università, resa famosa da tante novelle romantiche, è silenziosa, severa, appartata e ha un aspetto elegante. […] Prima della partenza ho passeggiato tra i magnifici platani dei bei giardini pubblici. Su ogni panchina è dipinta una scacchiera e si svolgono grandi partite di dama con giocatori e spettatori accesi di italico entusiasmo», dal diario del viaggio che Hermann Hesse fece in Italia nel 1904, pagine che poi sarebbero confluite nel volume Dall’Italia e Racconti italiani. E ancora più entusiastici sono i toni adottati da Edward Hutton in The Cities of Romagna and the Marches del 1913, «lasciate che il viaggiatore in grado di apprezzarne la sottile seduzione vi arrivi non dalle grandi città d’arte, ma dai centri della pianura, come Ferrara, o, meglio ancora, percorrendo la grande via romana – la via Emilia – da Piacenza, attraverso Parma, Reggio, Modena, e allora la musica cambierà: solo così infatti si comprenderà appieno la sua netta superiorità e quella sua strana atmosfera che non è né di pianura né di montagna, ma figlia del connubio fra le due»,  

Del resto Bologna si distingue, anche nella sua configurazione, che Emidio Clementi, cantautore, musicista e scrittore descrive ne La notte del Pratello, «la pianta di Bologna ha una configurazione simile ad una ruota con i raggi. Il perno sono le due Torri, i raggi le strade che dalle torri partono e si diramano verso l’esterno, la ruota la circonvallazione che lambisce le mura. In mezzo ai raggi, i quartieri. Una classica pianta medievale o un mandala buddista. Son osservazioni, le mie, che può fornire chiunque abbia visitato la città almeno una volta. La Bologna di Zaccari invece aveva altri punti di riferimento. Era una divisone manichea, la sua. C’era una zona nera e una zona bianca, il Bene e il Male; nient’altro. Una zona da evitare come il colera, l’altra da avvicinare e blandire il più possibile. La zona bianca finiva dove finivano i soldi, le villette, le domestiche orientali, le cantine ricolme di oggetti di valore. Il resto, la zona nera, erano le case popolari, i quartieri malfamati della Barca, del Pilastro, della Bolognina, San Donato; erano le vecchiette con i soldi della pensione, le trattative estenuanti, i pianti, le imprecazioni».

Bologna e le sue passioni forti, forse per certi versi figlie anche di un clima senza mezze misure, e del quale Giacomo Leopardi fece le spese, «al che mi muove anche il bestialissimo freddo di questo paese, che mi ha talmente avvilito da farmi immalinconire e disperare. Scrivo vicino al fuoco che arde per dispetto d’un caminaccio porco, fatto per scaldarmi appena le calcagna!».

mostra letteraria Bologna dicono di leiInsomma, è a dir poco ampia la letteratura su Bologna, come dimostrano la guida letteraria Bologna. Dicono di lei. La città nella letteratura e la mostra letteraria omonima, che si terrà nel Museo Civico Archeologico di Bologna a partire dal 13 novembre 2021 e fino al 30 gennaio 2022: si tratta di un percorso multimediale, immersivo, che darà risalto alle parole dei poeti, degli scrittori e degli artisti sedotti dalla rossa, un’escursione fuori dal tempo e nei luoghi ad alto tasso letterario della città. E tanto altro ancora.

Bologna è viva, e continua a stupire.

 

Antonio Scerbo


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