Con La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore, la nuova guida letteraria di Elleboro Editore da pochi giorni in libreria, e in compagnia di Giorgio Bassani abbiamo pedalato per le vie di Ferrara, e adesso potremmo anche spingerci un po’ più in là, magari verso nord-est, e continuare il nostro viaggio su dueruote nel Delta del Po. Il «re degli altri, superbo altero fiume» non ha ispirato solo Francesco Petrarca; giusto per fare un nome, Dante lascia che scorra anche nella Divina Commedia, a proposito di Francesca da Rimini, «siede la terra dove nata fui su la marina dove ‘l Po discende per aver pace co’ seguaci sui». Le stesse acque bagnano il desiderio di Torquato Tasso, «morì Virgilio in grembo alle sirene, nacque tra’ cigni: in me l’ordin si volga, e me tra questi in tomba il Po raccolga che pianser quello nato in su l’arene». E chissà in quanti vi persero la vita nel lontano 1509, durante la battaglia di Polesella tra il Ducato di Ferrara e la Repubblica di Venezia, di cui narra Ludovico Ariosto nel canto XL dell’Orlando Furioso, «ebbe lungo spettacolo il fedele / vostro popul la notte e ’l di che stette, / come in teatro, l’inimiche vele / mirando in Po tra ferro e fuoco astrette. / Che gridi udir si possano e querele, / ch’onde veder di sangue umano infette, / per quanti modi in tal pugna si muora, / vedeste, e a molti il dimostraste allora».
Sulla cornice del Delta del Po, la gente del luogo, di umile estrazione e di fatica, ha trovato nella bicicletta il mezzo ideale per spostarsi, e in effetti sono innumerevoli i colpi di pedale, per esempio, nel cinema neorealista di Paisà di Roberto Rossellini, o de La donna del fiume di Mario Soldati.
Le suggestioni quindi non mancano, e per coglierle al meglio forse è proprio il caso di pedalare: la Destra Po è una delle ciclovie più lunghe d’Europa e la più lunga d’Italia, un itinerario di oltre cento chilometri che parte da Stellata di Bondeno e termina a Gorino Ferrarese, là dove il Po ha la sua foce. Ro è la prima tappa dalle tinte fortemente letterarie; ospita infatti un parco con a tema la saga de Il mulino del Po, di Riccardo Bacchelli, «due barche a quattro vogatori lo reggono e a ritroso lo governano con due funi di rimorchio nelle correnti, moderandone l’andatura, tenendolo nel filo e lontano dalle secche. Padron Lazzaro, brandendo un lungo arpione, va da prora a prora, esplora il fiume, scandaglia, comanda ai vogatori la rotta, sta pronto ad ogni evenienza. I mugnai, in cotesto tratto di fiume, che da Occhiobello a Paviole alberga il maggior numero di mulini, dormono ancora».
Poco oltre, Ca Zen, e la villa che tanto piacque a Lord Byron. A Mesola invece un duplice incanto, il bosco, come in Bassani, «Lazzaro guardava la spiaggetta sottile, dolce dolce, su cui finiva la boscaglia della Mesola, inclinando sull’acqua le folte piante. Stormivano ogni tanto selvaggiamente alle ultime raffiche della tramontana nitida e rigida. Bosco e valli erano a quei tempi grandemente più vasti di quanto non siano ridotti e non si vengano riducendo colle bonificazioni, oggi che del gran bosco della Mesola rimane soltanto quell’ultimo lembo, fra le acque dolci della Valle Giralda, e le amare della Sacca dell’Abate, di là dal Passo della Falce», e il castello, come nel Tasso, «Mesola, il Po da ’lati e ’l mar a fronte, / e d’intorno le mura e dentro i boschi / e seggi ombrosi e foschi / fanno le tue bellezze altere e conte; / e sono opere d’Alfonso, e più non fece / mai la natura e l’arte e far non lece».
Proseguendo, nel comune di Codigoro, l’abbazia di Pomposa, ed è proprio nella stessa zona della cittadella in provincia di Ferrara che Bassani ambientò L’airone, «da quanto tempo non arrivava da quelle parti! Ma era contento, però: contento che l’abbazia, a prescindere dalla vegetazione di gran lunga più folta che la circondava attualmente (segno questo che le idrovore avevano potuto continuare a lavorare indisturbate), fosse passata attraverso la guerra conservando intatto il suo aspetto originario di grossa azienda agricola tipo la Montina. Eh già – si diceva, fissando le rosse, antiche pietre del monastero – Con quella torre campanaria, da un lato, capace come un silo di granaglie; con quella chiesa nel mezzo che più che una chiesa faceva venire in mente un fienile», e Corrado Govoni Uomini sul Delta, «il Delta contemplato dall’alto, deve apparire come un armonico complesso di arterie e di vene sottili quasi appena accennate, con le loro baie, sacche, chiaviche, ponti, vere e proprie valvole regolatrici del liquido flusso a nido di rondine, a guisa del bellissimo albero della circolazione sanguigna, affluente a quel pulsante insonne mare che è il cuore». Lo sfondo dei romanzi di Gianni Celati – Verso la foce, per esempio, «il delta del Po è fatto a lobi, formati dai detriti che i vari bracci del fiume hanno portato, spostando le foci sempre più avanti nel mare. Un grande fiume che arriva a destinazione aprendosi a ventaglio in sei bracci: come se questa fosse la tendenza di tutto qui, aprirsi andando alla deriva verso il mare, raggiungere una foce dove tutte le apparizioni si eclissano ridiventando detriti», e del genio creativo di Tonino Guerra è poi riconoscibile tra Goro, Gorino e Porto Tolle, lì sull’Adriatico.
E naturalmente anche Comacchio e le sue valli, dove la staffetta partigiana del romanzo di Renata Viganò, L’Agnese va a morire, si muoveva infaticabilmente in sella alla sua dueruote, «molte cose aveva sempre da fare: preparare i sacchi, le sporte, gli involti per quando arrivavano le donne: quattro staffette del paese e quelle della famiglia di Walter. Andavano via in bicicletta, a due, a tre per volta, cariche fin sopra il manubrio. Facevano tutti quei chilometri fino alla caserma, al limite estremo della bonifica, dove cominciava la valle», e ancora, «s’avventurò traballando sulla passerella, e prese la bicicletta in spalla. A metà credette di cadere nel fiume, le assi oscillavano, e la corrente rapida sotto di lei le faceva girare la testa. Riuscì a star dritta, a raggiungere la riva; trascinò ancora la bicicletta su per la salita dura dell’argine, poi giù dall’altra parte. Finalmente fu di nuovo sulla strada».
Tanta bellezza non poteva che avere il suo riconoscimento: oltre alla città di Ferrara e al Delta del Po, anche le Delizie estensi – le residenze rinascimentali della casata d’Este, risalenti al periodo del Ducato di Ferrara – sono state inserite dall’UNESCO tra i patrimoni dell’umanità.
E tra i nostri libri, invece, probabilmente non stonerebbe La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore…
Oltre ai già citati autori, sul Delta del Po troveremmo anche Gian Antonio Stella, Giovanni Comisso, Ermanno Rea, Guido Conti, Eraldo Baldini, Cesare Zavattini, Guido Ceronetti… E tutta una passione, forte, per il mondo visto dall’alto di un sellino…
Un libro, una guida letteraria da portare con sé, viaggiando per il nostro Paese, oppure, come diceva il filosofo francese Gilles Deleuze, quando ci si muove «stando fermi».
In ogni caso lo spirito avrà di che arricchirsi.
Antonio Scerbo