Per Ernest Hemingway «è in sella a una bicicletta che si apprende meglio il profilo geografico di un paese», ed Elleboro Editore si sente di sposare in pieno il pensiero dello scrittore premio Nobel, tanto che – magari sarà per chi legge una buona notizia – darà presto alle stampe La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore.
Oltre che per sentieri, viottoli e strade, la bicicletta è andata anche per la storia del nostro Paese, lasciando dietro di sé una scia indelebile nella memoria collettiva. Il che equivale a dire che la bicicletta non è e non è mai stata un semplice mezzo di trasporto: sa infatti suscitare nella mente qualcosa che trascende le ruote e i pedali, evocando il passato, prefigurando scenari che sembrano promettere felicità. Come la bellezza, di cui la bicicletta potrebbe essere emanazione.
Si pensi a Emilio Salgari, che lungo le sponde dell’Adige spinge il suo velocipede e immagina la giungla, o a Italo Svevo e al suo desiderio di perdersi nei dintorni di Trieste in sella a una dueruote.
Alfredo Oriani poi, pioniere del cicloturismo, macina chilometri tra la Romagna e la Toscana e ne racconta di pedalata in pedalata, e come lui Giovannino Guareschi, in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, «di una cosa sono ben sicuro, prima dell’avvento della bicicletta la pianura padana non esisteva né poteva esistere. Inventata la bicicletta fu inventata la pianura padana». Il binomio indissolubile tra lo scrittore nato a Fontanelle di Roccabianca e la bicicletta Dei verrà sublimato nella serie di romanzi Mondo piccolo, con tra i protagonisti Don Camillo e Peppone, «il funzionario tentennò il capo. “Qui intanto si dichiara che il vostro contegno era provocatorio, anzi sfacciatamente provocatorio”. “È il contegno che tengo sempre quando vado in bicicletta – rispose Don Camillo. “Qui non lo ha mai trovato provocatorio nessuno.” “Bah, dipende – disse Peppone – molti qui, vedendovi passare in bicicletta, sentono il desiderio che vi si spacchi la forcella e finiate col muso per terra”».
E poteva forse non trovare posto ne La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore lo sceneggiatore del film di culto di Vittorio De Sica, Ladri di biciclette? Proprio Cesare Zavattini scrive in Straparole, «si potrebbe fare un ritratto dell’Emilia parlando delle biciclette; anche se ce ne sono in tutto il mondo, sembra qui la loro sede naturale, nella Bassa padana dove all’improvviso arrivano da una carraia o da un portone. E anche da sola, spiccando sugli argini contro il cielo, assume forza di un simbolo locale come la luna bassa», e ancora «gli emiliani non usano la bicicletta per tragitti faticosi, laboriosi, ma corti, cortissimi, o per nulla, la usano dunque come il cappello, che non si può abbandonare, poiché fa parte della persona anche quando è inopportuno. La bicicletta ha da noi qualche cosa del cane».
Ma seguendo idealmente Guareschi, facendo una sosta in Veneto, nei pressi del Piave o sui Colli Berici, scopriremmo in breve tante di quelle pagine sulla bicicletta anche in Giuseppe Berto, Giovanni Comisso, Goffredo Parise e Andrea Zanzotto… Racconti e suggestioni che La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore è fiera di ospitare, e a chi leggerà forse parrà proprio di pedalare…
Anche sulla via maestra della storia la bicicletta ricama traiettorie, come quelle di Gino Bartali, che nel corso della seconda guerra mondiale diede nuova identità e salvezza a tanti ebrei, recapitando loro documenti falsi nascondendoli nel telaio della bici da corsa, o come quelle di Giovanni Pesce, nome di battaglia Visone, il comandante partigiano che non poteva fare a meno della bicicletta, perché «era come l’aria che respiravo, un mezzo indispensabile per muovermi in modo rapido in ogni frangente». E sempre lungo il filo rosso della Resistenza, Luigi Ganna, ciclista e imprenditore, che dona le sue biciclette alle Brigate Garibaldi, i romanzi Uomini e no, L’ Agnese va a morire e I piccoli maestri, di Elio Vittorini, Renata Viganò e Luigi Meneghello.
La bicicletta è però anche sport, è il Giro d’Italia, è l’appassionante rivalità tra quel Gino Bartali e Fausto Coppi, in un duello leggendario, in uno scambio di borraccia, con alle spalle le fatiche dei gregari, e dietro ai gregari chissà quale storia, se di riscatto, di rivalsa, come in Giovanni Testori, ne Il dio di Roserio. La fenomenologia del Giro incanta quindi i letterati, Dino Buzzati, Alfonso Gatto, Vasco Pratolini. Dirà di Coppi Anna Maria Ortese, «veniva avanti in un modo incredibile, anche per un profano: senza sforzo, con una leggerezza e una violenza che non gli costavano nulla, quasi precipitasse e il suo unico impegno consistesse nel dominare quella potenza». E le ruote, le due ruote, gireranno anche tra i versi della poesia di Giorgio Caproni, Eugenio Montale, Vittorio Sereni.
E poi Pier Paolo Pasolini, «di domenica, uomini dal cuore rozzo, si correva via in bicicletta per luoghi di un incanto senza prezzo», e Cesare Pavese, «dietro il campo, una terra in salita, c’era il cielo vuoto. “Quest’è un luogo da ritornarci”, dissi, e scappai quasi subito, sulla bicicletta, come se dovessi portare la notizia a qualcuno che stesse lontano. Ero io che stavo lontano», scandivano e secondavano i pensieri a colpi di pedale. E da lì, forse anche grazie alle loro biciclette, romanzi mirabili, incastonati nella letteratura italiana.
Con La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore Elleboro Editore decide di raccontare il Novecento, «senza la pretesa di essere esauriente. Una sorta di pedalata tra le pagine dedicate alla due ruote e insieme una ricerca di luoghi e paesaggi da rivedere. Ogni capitolo è dedicato a una regione e propone itinerari da percorrere in bici seguendo la suggestione delle parole».
Manca poco, prepariamoci a salire in sella, La bicicletta. Dicono di lei. Pedalate d’autore sta per arrivare!
Antonio Scerbo